PICCOLE BUGIE
LEGATE
AL MONDO LEITZ:
LE PRIME FOTOCAMERE SPAZIALI UTILIZZATE
DAGLI U.S.A.
ED IL "BRUTTO ANATROCCOLO" ELMARIT-C 40mm
f/2,8 PER CL
27/10/2010
Attorno ad un marchio prestigioso ed onusto di storia come Leitz è normale che prendano vita leggende magari non attendibili o difficilmente verificabili, così come è in uso che certi mantra vengano replicati ad oltranza, in una ciclica ricapitolazione, fino a condividere l'autorevolezza della veridicità senza subire l'onere di una seria indagine volta ad accertare e riscontrare i reali fondamenti dell'assunto.In questa sede, e seguendo questo filo conduttore, oggi faremo luce su due piccoli peccati di omissione: l'identità di una delle due prime fotocamere spaziali U.S.A. utilizzate per fotografie nello spazio profondo e la reale qualità meccanica ed ottica del raro Leitz Elmarit-C 40mm f/2,8 di preserie, additato da molti come una sorta di brutto anatroccolo nato in un momento di obnubilamento delle facoltà e, peraltro, da quasi altrettanti mai visto dal vivo o provato sul campo!
PRIMO TEMPOIn piena guerra fredda, la corsa alle imprese spaziali rappresentò per le due Superpotenze un inedito ed intrigante terreno di sfida dove affermare la propria superiorità tecnologica, e da ambo i lati della Cortina furono assegnati budget considerevoli destinati a questo programma; ad inizio anni '60, dopo i primi, doverosi test di lancio con vettori privi di equipaggio o servendosi di animali sacrificati alla causa, la tecnologia fu matura per i primi voli orbitali umani, e quando i vari e complessi parametri di volo furono messi in sufficiente sicurezza da garantire all'equipaggio un minimo di tempo libero dagli impegni di manovra si pensò di aggiungere alla dotazione di bordo anche apparecchi fotografici per documentare gli inediti e straordinari scenari che si profilavano dagli angusti oblò della navetta.
Va detto che le prime fotografie scattate nel cosmo furono realizzate da un astronauta sovietico, il ventiseienne Gherman Stepanovich Titov, che il 6 Agosto 1961, a bordo della navicella Vostok 2, compì 17 orbite attorno alla Terra e realizzò delle fotografie utilizzando una speciale fotocamera realizzata appositamente per questo impiego, la FAS-1 equipaggiata con ottica Mir 37mm f/2,8; il programma spaziale americano rispose il 20 Febbraio 1962, quando i Comandante John H. Glenn Junior, a bordo della navetta MA-6 Friendship 7 lanciata dal vettore Mercury-Atlas 7, compì tre orbite attorno alla Terra e, nonostante alcuni malfunzionamenti al sistema di guida automatica che gli imposero di controllare manualmente la traiettoria della navicella, trovò il tempo per scattare le prime fotografie "americane" della Terra vista dal cosmo.
Tutta la letteratura, compresa quella ufficiale NASA, ha sempre riportato che il primo apparecchio fotografico impiegato dagli americani nello spazio (nella missione appena descritta) fu una compatta di derivazione Minolta, la Ansco Autoset (Ansco era una grande azienda che vendeva sul suolo statunitense apparecchi fotografici di altri costruttori rebranded col proprio marchio, fra i quali la Minolta Autoset); la Minolta-Ansco Autoset, equipaggiata con un Rokkor 45mm f/2,8, venne presentata nel Dicembre 1961 e la classica fotografia della versione spaziale, che rimbalza in ogni articolo o pagina web, la mostra sottosopra, con un mirino ausiliario applicato al fondello, un'impugnatura ergonomica nella parte inferiore ed il suo obiettivo Rokkor 45mm f/2,8 originale in bella vista; questo evento fu cavalcato in modo molto abile dalla Minolta, che sfruttò il clamore per questa impresa spaziale come grancassa promozionale per le proprie vendite, al punto che per anni moltissimi modelli della Casa furono caratterizzati dal numero 7, proprio per richiamare la navetta Friendship 7, e quando il Comandante John H. Glenn Jr. andò in visita in Giappone, nel 1963, ad accoglierlo con tutti gli onori c'era addirittura il Presidente della Minolta in persona, Kazuo Tashima.
Come avrete intuito, l'informazione universalmente condivisa non è completa: la Ansco Autoset era sì a bordo, destinata a riprese convenzionali su pellicola a colori nello spettro visibile ma nella dotazione era compreso anche un corpo macchina Leica IG equipaggiato con un obiettivo speciale con lenti in quarzo e prisma separatore di imprecisata produzione americana e destinato a speciali riprese multispettrali; tale fotocamera venne utilizzata da Glenn per il primo esperimento scientifico spaziale controllato da un essere umano, quando scattò sei fotografie della costellazione di Orione in banda ultravioletta (mentre orbitava al buio sopra al Pacifico), impressionando ogni fotogramma con due immagini gemelle ottenute a lunghezze d'onda diverse grazie ad al citato prisma separatore e a due filtri differenziati; riprese di questo genere erano impossibili da terra pechè l'atmosfera filtra in gran parte la banda ultravioletta necessaria per queste speciali fotografie. Entrambi gli apparecchi sono ora conservati nello Smithsonian National Air and Space Museum di Washington DC, ed ecco la descrizione particolareggiata di entrambi.
La Ansco-Minolta Autoset, celebre per il suo ruolo di prima fotocamera impiegata dagli americani per foto spaziali convenzionali, era stata profondamente modificata per adattarla alle esigenze d'uso con la tuta, il casco e i guanti di missione; in tale occasione era caricata con pellicola a colori prodotta da Kodak.
Finalmente, dopo oltre mezzo secolo, possiamo rendere il giusto tributo anche alla prima fotocamera spaziale impiegata dal programma americano per riprese speciali di tipo scientifico sotto controllo umano: una Leica IG equipaggiata con un obiettivo non meglio precisato, prodotto negli U.S.A. e caratterizzato da una "trasparenza" spettrale spinta fino agli UV ad onda corta, una caratteristica ottenuta grazie all'adozione di lenti in quarzo; tale obiettivo - contrariamente a quanto possa apparire osservando la sua spartana montatura meccanica - era molto sofisticato e prevedeva, nella parte posteriore, un prisma che sdoppiava l'immagine in due fotogrammi gemelli da 18x24mm (analogamente a quanto avviene con le fotocamere stereo), ciascuno dei quali fronteggiato da un filtro taglia-banda tarato per frequenze diverse; in questo modo era possibile ottenere simultaneamente due fotografie spettrografiche dello stesso soggetto monitorandolo con frequenze UV differenti. Non ci sono indicazioni sul produttore di questo specialissimo obiettivo tuttavia, così a fiuto, mi sentirei di proporre la Wollensak di Rochester che, negli anni precedenti, aveva approfondito la problematica delle ottiche con lenti in quarzo per riprese UV e rientrava nel gruppo di aziende coinvolte in forniture per il Governo; addirittura, negli anni '50, uno sciame di meteoriti del tipo pallasite (composte da ferro/nickel e quarzo) aveva colpito una zona degli Stati Uniti ed il titolare della Wollensak, notando la purezza del quarzo meteorico e la sua grande trasparenza agli UV fino ad onde decisamente corte, acquistò tutti gli esemplari disponibili, sezionandoli con la folle idea di realizzare una piccola tiratura di obiettivi per UV utilizzando questo quarzo extraterrestre... In realtà i campioni idonei e perfetti erano così pochi che riuscì a completare un singolo, incredibile anastigmatico, un solo esemplare la cui produzione fu funestata da inquietanti e gravi incidenti al personale e che ora è proprietà di un carissimo amico.
La Leica IG, versione semplificata dei modelli IIIG e IIG, non dispone di mirino e telemetro propri (in pratica è una "cassa di servizio" per impieghi tecnici/scientifici) e a tale proposito la NASA aveva predisposto un ingombrante mirino esterno con reticolo illuminato elettricamente per consentire l'esercizio attraverso l'oblò del casco spaziale; il kit era completato da un piccolo e spartano telemetro, la cui utilità nel caso specifico mi sembra quanto meno dubbia. Ogni particolare era guarnito da strisce di Velcro adesive per il fissaggio all'interno della navetta (ricordiamo che durante le tre orbite il cosmonauta si trovava a gravità zero), ed il mirino esterno presenta un interruttore sul lato sinistro per attivare l'illuminazione del reticolo mentre un rigonfiamento circolare sul lato destro nasconde il vano della relativa batteria.
Curiosamente, quest'apparecchio fu prodotto solamente da 1957 al 1960, quindi all'epoca si trattava di una sorta di "fondo di magazzino"; la sporgenza del mirino ausiliario impedisce fisicamente di visionare il tempo di otturazione impostato sulla ghiera dei tempi veloci, ed è lecito supporre che il valore appropriato fosse già stato impostato a terra, senza ulteriori modifiche; inoltre, è curioso che la Ansco Autoset fosse stata pesantemente modificata sovradimensionando tutti i comandi ed applicando una grossa impugnatura per agevolare l'esercizio con i guanti da missione mentre la Leica IG sia rimasta assolutamente aderente al modello standard... Infine, ricordo che la Leica IG con tempi lenti fu prodotta in 5.968 esemplari.
(ringrazio cordialmente per la consulenza l'esperto di sistemi Minolta Andrea Aprà)
La Leica IG, come gli analoghi modelli che l'avevano preceduta, era un apparecchio molto spartano, privo di mirino e di telemetro e destinato ad impieghi di nicchia (esercizio con Visoflex, utilizzo come corpo macchina per usi scientifici, etc.); le due slitte di servizio sul tettuccio permettevano di applicare mirini esterni, telemetri ed altri accessori. Come si può notare, l'apparecchio utilizzato nella missione NASA del 1962 è assolutamente identico a quello di serie, senza alcun sovradimensionamento funzionale.
Alcune delle storiche immagini scattate con la Leica IG da John H. Glenn Jr. a bordo del Friendship 7, nei rari momenti disponibili; era stato pianificato di realizzare un numero di immagini superiore, ma il malfunzionamento di certi dispositivi automatici richiese tutto l'impegno e l'attenzione del Comandante, esperto pilota "Top Gun", ed alcuni rulli di pellicola rimasero inesposti; questi caricatori 35mm, provvisti di bussolotto metallico con tappo a vite, sono tuttora conservati al National Air and Space Museum di Washington DC, ovviamente scaduti...
Il Comandante Glenn indossa la tuta spaziale e prende posto all'interno del Firendship 7 prima della celebre impresa spaziale; John H. Glenn Jr. era personalmente appassionato di fotografia ed è stato anche ritratto in Svezia, ospite di Victor Hasselblad, con una delle sue fotocamere in mano.
La claustrofobica navicella Friendship 7 ed il Comandante Glenn a bordo, ripreso dal sistema video di bordo durante la missione.
Il perchè la Leitz non abbia approfittato di questa grandissima opportunità di promozione (assieme alla Hensoldt Wetzlar, produttrice del binocolo in dotazione a bordo), lasciandosi scippare da Minolta la ghiotta occasione rimane un mistero: possiamo solo ipotizzare che l'Azienda, all'apice del successo di vendite nel settore microscopi e fotocamere a telemetro, non ritenesse necessario ribadire l'ovvio!