Sigla K Pp.Ghisetti In alcune Leica IIIc
datate intorno al 1941 – 1943, sia cromate che grigie (verniciate così
durante la Guerra per mancanza di cromo) appare, sul carter superiore
dopo il numero di matricola, la lettera K, e talvolta, ma non sempre,
anche sulla prima tendina, visibile dopo il caricamento dell’otturatore. La K indica l’iniziale
della parola tedesca Kugellager, ovvero cuscinetti a
sfere: questo perché il tamburo dell’otturatore è stato montato
all’estremità su due serie di cuscinetti a sfere, poste dentro un
apposito contenitore, sia nella parte superiore che in quella inferiore
del tamburo stesso Questa particolarità, mai usata precedentemente
dalla Leitz, se non forse in una piccola serie della
250 Reporter, è stata utilizzata per rendere l’otturatore meno
sensibile alle basse temperature e aiuta grandemente a diminuire la
frizione inerziale, contribuendo pertanto allo scorrimento delle
tendine, aumentandone anche la precisione nell’eseguire i tempi di
otturazione. Inoltre l’uso dei
cuscinetti a sfere, favorendo lo scorrimento dell’otturatore e pertanto
diminuendone lo stress meccanico, favorisce la durata dello stesso,
facilitandone la manutenzione. Per estensione la K può anche essere identificata come KalterFest, ovvero resistente al freddo. Queste
fotocamere erano
state concepite non solo per essere usate nelle steppe gelate russe,
ove la temperatura in inverno scendeva anche tra i -20 e i -30 gradi,
ma specialmente sugli aeroplani, sia da caccia che da bombardamento,
che volando ad alte quote, con cabine non pressurizzate, andavano
incontro a temperature di diversi gradi sottozero. Non meraviglia
pertanto che vi siano diverse IIIcK con sigle dell'Aviazione (Luftwaffe)
o dell'Esercito, ovvero Heer. Da ricerche presso diversi autori sembra che questa particolarità inizi o dal nr 388926 (Rogliatti), oppure dal nr 392000.
Le
IIIcK cromate sono rarissime: questa consegnata il 2 febbraio 1942,
appartiene ad un lotto di 50 macchine nr387101 - 387150, di cui pare
che solo 6 esemplari siano sopravissute alla Guerra. Questa
innovazione ha avuto un seguito importante: infatti sia il modello IIIc
del dopoguerra (che, come è noto, presenta caratteristiche diverse
dalla sorella anteguerra) che la IIIf numeri neri,
possiedono entrambi l’uso dell’otturatore montato su cuscinetti a
sfere, limitato però alla
parte superiore. Questo probabilmente
per motivi di economia o forse per mancanza di un numero adeguato di
cuscinetti a sfere nell’immediato dopoguerra. Viceversa la serie IIIf
numeri rossi e la IIIg possiedono entrambe l’otturatore montato con
cuscinetti a sfere sia nella parte superiore che in quella inferiore.
Il movimento della manopola che ricarica l’otturatore e fa avanzare la
pellicola mostra meno attrito e più scorrevolezza rispetto ai modelli
precedenti. Si può concludere pertanto che questa innovazione, derivata da una macchina concepita per usi militari, è stata poi trasferita con esiti positivi ai successivi modelli, tanto da divenire lo standard degli ultimi modelli Leica (IIIf N.R. e IIIg) con passo a vite 39x1 che, non a caso, sono considerati i più riusciti meccanicamente, sia dal punto di vista funzionale che di affidabilità. Pertanto forse il vero scopo del montaggio dell’otturatore su cuscinetti a sfere non risiede in un migliore rendimento a basse temperature, ma in un funzionamento, tutto sommato, più preciso e affidabile. Segnaliamo che anche
la IIIcK ha avuto, molto raramente, l'aggiornamento in fabbrica a
Wetzlar della sincronizzazione flash, tipo IIIf, dopo il 1950,
trasformandosi pertanto in un'inedita IIIcK Sync.
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