Incontro con Stanislao Farri

 Pierpaolo Ghisetti

 

Anni fa ebbi modo di visitare nella cittadina di Correggio, nella bassa reggiana, la bellissima mostra sugli Alberi di Stanislao Farri: mi colpì molto la sua capacità  di illustrare il soggetto in maniera estremamente variata, senza mai annoiare, anzi con prospettive sempre nuove, cui va aggiunta una straordinaria resa di stampa in bianco e nero, brillante e ricca di toni, come raramente capita di vedere.

Purtroppo Farri ha passato delle tristi vicissitudini familiari, e solo recentemente ho potuto fargli visita e scambiare con osservazioni, ricordi e pareri tecnici. Occorre poi considerare che il Maestro è del 1924,  pertanto non  più un ragazzino, anche se, durante l’intervista, superati i primi momenti d’impaccio, si è scaldato sempre di più, tirando fuori memorie ed aneddoti di grande interesse.

Farri ha iniziato ad appassionarsi alla fotografica negli anni Quaranta ma, lavorando come tipografo, inizialmente non aveva molto tempo da dedicare a questa attività: successivamente a metà degli anni Cinquanta ha iniziato a farsi notare e a lavorare per importanti aziende del Reggiano e in seguito di tutta l’Emilia.

Stanislao appare legato non solo alla sua regione ma ancor di più alla sua provincia di Reggio Emilia e questa è forse la dimostrazione di come un provinciale, schivo ed appartato, risulti più innovativo nel linguaggio di  interpretazione della natura di tanti cittadini.

Farri mi ha puntigliosamente elencato tutta la sua attrezzatura, molto varia e completa. La macchina di legno di grande formato, ma dotata del formidabile e leggendario Voigtlaender Apo-Lanthar, è stata uno dei suoi cavalli di battaglia, anche se questo magnifico obiettivo ha subito un urto e ha dovuto essere riparato artigianalmente, ma con tutte le funzioni intatte.

Poi la Linhof Technika formato 13x18cm, che il Maestro ha definito come magnifica, sia per costruzione meccanica che per la resa. Occorre considerare che Farri, per anni, si era specializzato nella riproduzione di opere d’arte, per cui la Linhof, spesso usata anche a mano libera, era una fedele compagna di lavoro quotidiana.

Un giorno, ricorda Farri, gli fu chiesto all’improvviso di realizzare un reportage per cui si recò dal principale negoziante di fotografia di Reggio per un consiglio: Nikon o Leica? “Sicuramente Leica!” fu la risposta e così Leica fu!

L’attrezzatura Leica di Farri è veramente completa e direi quasi imponente:

-         2 Leicaflex SL (“Macchina meravigliosa e di cui sono innamorato, che non scambierei con nessuna altra”, mi ha testimoniato), di cui una poi regalata perché ridotta molto male. Mi mostra anche una foto fatta in anni passati in cui appare con la Leicaflex al collo.

-         Una nutrita batteria di ottiche R, tra cui il Super Angulon 21, il Summicron 50, il 135 e il formidabile (me lo ripete due volte…) Apo Telyt 180/3,4. Tra i teleobiettivi Farri ha anche saltuariamente utilizzato il grosso e pesante 350/4,8, su cavalletto, naturalmente, prestatogli da un amico.

In seguito ha acquistato il 100 Macro (quale delle due versioni non ricorda), ma poi ha preferito fare il cambio con un amico a favore dell’Elmarit 60, seconda versione, a suo parere più versatile, e che ora è divenuta anche la sua ottica preferita. Anzi, a questo proposito si concede una battuta: “ Se lo usa anche Salgado posso usarlo anch’io”…





-         Passiamo al sistema M: Farri mi conferma che ha usato solo due M6 cromate, e che non conosce le altre fotocamere della serie M.

Anche in questo settore la batteria degli obiettivi si può dire veramente completa: Elmarit 21 e 28 entrambi f/2,8, i due Summicron da 35 e 50mm e un 90mm, tutti rigorosamente dotati di filtro rosso originale.

Ammiro anche il modo impeccabile con cui è tenuta la sua attrezzatura fotografica, senza un segno,  a riprova della sua attenzione e cura verso i propri strumenti di lavoro.

Della M6 riconosce la grande qualità costruttiva, anche se si lamenta del fatto che il coperchietto del vano batterie tende talvolta a staccarsi al momento dello scatto. Visto che questo è successo anche a chi scrive, ammetto che il difetto è piuttosto seccante in una fotocamera di questo livello: Farri allora si lancia in una piccola diatriba contro Leica che, a suo parere, ha prezzi eccessivi, anche se ammette di avere sempre acquistato prodotti nuovi. Però alla mia precisa domanda se avesse mai voluto cambiare attrezzatura mi ha risposto convinto che le ottiche Leitz-Leica a suo parere non sono seconde a nessuno e non avrebbe mai fatto cambio con altri marchi.

A  questo proposito mi racconta un aneddoto: mentre era intento a fotografare vicino ad un argine, improvvisamente gli cadde il paraluce, introvabile e inghiottito dall’erba alta. Dato che appunto i pezzi di ricambio Leica costano una piccola fortuna, il giorno tornò nello stesso punto con una piccola roncola, e tagliata l’erba,  miracolosamente ritrovò il prezioso paraluce!

Naturalmente non potevamo non parlare delle sue bellissime stampe in b/n ricche di passaggi tonali e di dettagli: mi mostra orgoglioso una magnifica gigantografia di una veduta della Pietra di Bismantova in inverno, eseguita con la Linhof. Confesso che la bellezza di quest’immagine, la sua ricchezza tonale e i passaggi delicati, non la farebbero sfigurare in un catalogo di Ansel Adams, e lo dico a ragion veduta, visto che in California ho potuto vedere le stampe del grande Maestro americano. Anche a questo proposito Farri ha pronta una piccola storia: stava passando in macchina davanti a quel pesaggio accompagnato da un sacerdote, che gli ha detto perentorio: “Farri questa foto non la può fare, è pieno controluce!” Al che Stanislao ha replicato: “Padre lei i miracoli li promette, io li faccio!” E così è stato.


Mi racconta poi della sua esperienza a Modena, come fotografo della Ferrari e della Maserati, e mi mostra orgoglioso le borse, concepite da lui, che si è fatto fare da un artigiano, per le due attrezzature Leica, ricche di scomparti per i filtri e le pellicole. A questo proposito Stanislao mi ha confermato che ha sempre usato pellicole Kodak, prevalentemente in b/n e pochissime a colori. Infine mi ricorda che il noto architetto Calatrava, entusiasta dopo aver visto le foto di Farri della nuova Stazione ferroviaria di Reggio Emilia, ha comprato tutto il portfolio.

Infine, di fronte all’omaggio del mio libro Elmar, dopo averlo sfogliato, afferma di non essere un tecnico e che ha sempre usato la macchina e l’obiettivo che in quel momento gli sembravano più consoni a riprendere il soggetto, senza tanti sofismi. Mi ha anche confermato che di fronte ad una brutta stampa occorre aver il coraggio di strapparla, anche se le foto si fanno soprattutto per se stessi, anche quelle su commissione. Tuttavia la sua visione formale dell’immagine, la padronanza assoluta del linguaggio fotografico, la sua straordinaria capacità in fase di stampa, che ha sfruttato professionalmente per anni, dimostrano invece una grande cura compositiva in fase di ripresa e, se possibile, una cura ancor maggiore in fase di stampa, eseguita con Leitz Focomat ed ottiche Focotar da 50 a 100mm e una infallibile padronanza di entrambe le fasi fotografiche.


Infine, prima di lasciarlo, torno al tema degli alberi, che tanto mi ha affascinato: sono essere viventi che Farri ha indagato e descritto nel mutare delle stagioni, e che nelle sue immagini appaiono di una bellezza formale di grande impatto, senza alcun bisogno del colore.

Tra la quindicina di libri da lui prodotti, il mio preferito rimane l’antologico Memorie di luce e consiglio vivamente tutti coloro che amano la fotografia e il b/n in particolare di procurarselo e gustarselo appieno.  

Non a caso la FIAF l’ha proclamato nel 1998, forse tardivamente, Autore dell’Anno.

Settembre 2016