Incontro con Roberto Bertoni
Pierpaolo Ghisetti
Molti fotografi raccontano per immagini paesi lontani e colori dell’immaginario esotico, perché la favola del lontano e del diverso attira irresistibilmente l’animo umano, sin dai tempi di Marco Polo.
Roberto Bertoni ha deciso invece di rimanere ancorato alla sua terra, ai suoi luoghi, alla propria civiltà contadina e all’autenticità dei suoi personaggi. Figlio di una mugnaia e di un casaro, ha così giocato ‘in casa’ per anni, descrivendo da vicino una realtà di gente e mestieri che lentamente è andata scomparendo nei territori della Bassa padana tra l’Emilia e la provincia di Mantova. Essendo di Suzzara, una piccola cittadina vicino al Po, non lontano da Brescello, il mitico paese di Peppone e Don Camillo, ha potuto specializzarsi nella ricerca per immagini di un mondo fantastico, quasi isolato e a sé stante, che talvolta ricorda i film neorealisti dei registi italiani del primo dopoguerra. Un progetto a lungo termine, realizzato seguendo i ritmi e le stagioni, non in base alle proprie esigenze ma accompagnando l’evolversi naturale della vita.
Dopo una iniziale esperienza con Rolleiflex è definitivamente passato a Leica, sia M che R, con una nutrita scelta di ottiche di grande qualità. Tra queste il 90 Summicron, inciso e tridimensionale, il meraviglioso Apo Macro 100/2,8, usato per ritratti che definire parlanti è riduttivo, l’insostituibile Apo Telyt 180/3,4, dai colori purissimi e trasparenti. Anche il Telyt 350/4,8 è compreso nella sua batteria di ottiche ed anzi, malgrado il peso e l’ingombro, è stato spesso utilizzato su cavalletto nei suoi libri fotografici le cui immagini, detto per inciso, sono tratte da diapositiva.
Ma il pezzo forte di questi volumi, tra cui segnalo Novecento addio, che è stato tirato in ben 12.000 copie, un successo incredibile, sono sicuramente i ritratti sapientemente ambientati, in cui si mescolano abilmente luci, situazioni, colori. Ne nasce un mondo di mestieri ed artigiani fuori dal tempo, una fiaba padana: qui il Summicron 35 R e l’Elmarit 28/2,8 su Leica M-4, o anche sulla indistruttibile M6 Titan, illustrano sapientemente situazioni che non ci si stancherebbe mai di rimirare. In queste circostanze le ottiche Leica tirano fuori tutte le caratteristiche che le hanno rese famose: incisione mai urlata, passaggi tonali delicati, talvolta delicatissimi, estrema naturalezza dei colori. Parlare di pennello, in alcune immagini, non sarebbe improprio.
Non a caso famosissimi fotografi italiani, come Pepi Merisio, Stanislao Farri e Fulvio Roiter, gli hanno testimoniato la loro ammirazione e amicizia. Il libro Fiume, Valle, Gente rappresenta una summa di questo lavoro minuzioso di ricerca. Un angolo d’Italia umile, povera, dignitosa, ma vera, talmente vera da sembrarci estranea. Mille miglia lontana dalle luci e dalle tentazioni ipergrandangolari delle città verticali di vetro, dentro le quali si muovono manager con valigette in pelle e bellissime donne ipertruccate, rigorosamente col telefonino in mano. Tutti coloro che sognano i colori dell’India, le savane africane e le metropoli super affollate, dovrebbero sfogliarlo con attenzione, per comprendere a fondo una lezione di fotografia dalla validità senza tempo.
Si fotografa solo ciò che si vede ma si vede solo ciò che si conosce.