LEICA Elmarit R 19mm
PP.Ghisetti e Marco Cavina
Negli
anni Sessanta, agli albori del sistema Leicaflex, i super-grandangolari da 21mm
erano forniti dalla Schneider Kreuznach, società da sempre specializzata in
questo settore; nel Febbraio 1975 la Leitz si affrancò presentando un 19mm di nuovo
disegno, con codice 11225 e luminosità spinta a f/2,8: il progetto di questa
nuova ottica non poteva che essere affidato a Walter Mandler di Leitz Midland,
al tempo punta di diamante dell’innovazione ottica Leitz.
Mandler
volle andare oltre scendendo a 19mm e creando una lunghezza focale particolare
che si differenziasse dal classico Zeiss Distagon 18mm f/4. Composto da 9 lenti
in 7 gruppi con vetri ad alta rifrazione e dispersione anomala ed un classico
disegno retrofocus, il nuovo Elmarit-R copriva un angolo di campo da 95,7° e
pesava ben 550g, con minima distanza di messa a fuoco a mezzo metro (30cm nei
primissimi esemplari); l’obiettivo non prevede elementi flottanti e alle
distanze inferiori ad 1 metro la curvatura di campo è sensibile ed occorre
chiudere molto il diaframma (anche f/11) per avere a fuoco simultaneamente
centro e bordi con una buona qualità; il diaframma esagonale chiude da f/2,8 ad
f/16 con arresti a scatto anche sui mezzi valori
Il
grosso paraluce rettangolare in plastica 12529, da ben 11cm di sezione, era
fornito di serie ed inseribile ad incastro tramite due perni cromati; il
barilotto presenta una sezione anteriore molto vistosa ed ingombrante con un
attacco filettato da 82mm e speciale tappo a pressione; la Leitz sconsigliava
ufficialmente l’uso di filtri in quanto avrebbero inevitabilmente incrementato
una vignettatura fisiologica che, nonostante gli elementi convergenti anteriori
di grande diametro, è davvero notevole a tutta apertura, riducendosi
sensibilmente a f/5,6; in caso di necessità la Casa suggeriva filtri B&W da
96mm con stepper 82-96mm.
L’obiettivo
venne inizialmente fornito con due camme; poi, partendo dalla matricola
2.736.900, fu aggiunta anche la terza camma.
La
criticità e l’anzianità del progetto sono anche responsabili di una distorsione
con andamento ad onda, a barilotto nelle zone centrali e a cuscinetto ai bordi,
molto visibile e difficile da mappare anche in digitale; nonostante sia nato
dopo l’avvento del multicoating, il 19mm f/2,8 Elmarit-R apparentemente
presenta un antiriflessi non particolarmente sofisticato e risente del flare di
controluce, il che rende indispensabile l’uso costante del paraluce dedicato.
L’obiettivo
si caratterizza per una bella resa dei colori, tipicamente Leitz, apprezzabili
nel paesaggio; la resa ottica era ottima al centro già a tutta apertura e a
tutti i diaframmi, con una progressiva perdita di definizione a 2/3 del
fotogramma per poi decrescere ulteriormente ai bordi estremi; diaframmando la
qualità nelle zone mediane e ai bordi migliora progressivamente pur restando
inferiore rispetto al centro del fotogramma, penalizzata da un evidente
astigmatismo volutamente introdotto per controllare la forte curvatura di campo;
sicuramente la correzione delle aberrazioni, tra cui si segnalava anche un
evidente difetto di coma, era molto difficile da ottenere proprio per le
caratteristiche principali del progetto, forse fin troppo spinto per l’epoca; tuttavia
la difficoltà di superare questa realizzazione trova evidenza nel fatto che
l’Elmarit rimase in produzione per ben quindici anni, ovvero sino al 1990; si
suggerisce quindi di lavorare ad f/8 o f/11 per avere una qualità adeguata in
ogni zona, tuttavia l’alto contrasto dell’obiettivo diaframmato forniscono
un’appagante piacevolezza di resa soggettiva.
Alla Photokina 1990 fu
introdotta una seconda versione, ridisegnata e prodotta a Solms; il nuovo
Elmarit-R codice 11258 si compone di ben 12 lenti in 10 gruppi, con un peso quasi
simile alla versione precedente, 560g, pur con 3 lenti in più: il merito va al
disegno compatto che, grazie all’uso di vetri speciali ad alta rifrazione,
permette di ottenere un barilotto lungo appena 70mm; la parte anteriore ha un
diametro di 65mm, venti in meno della versione precedente, e la distanza di
messa a fuoco minima arriva a 30cm con elevata qualità grazie al sistema di
lenti flottanti; Il grosso paraluce rettangolare di plastica 12546, anche se
più compatto del precedecessore, aumenta considerevolmente i volumi esterni e
può essere tenuto in posizione coprendolo col tappo dedicato 14302.
Altre novità sono il
diaframma minimo portato ad f/22 è l’aggiunta di una ghiera nella parte
anteriore del barilotto che consente di inserire nel percorso ottico 4 filtri collocati
su una torretta interna, superando brillantemente il problema della
vignettatura; un filtro (solitamente il tipo NO 1x neutro) va sempre tenuto in
posizione perché fa parte del calcolo dello schema; l’Elmarit-R 19mm f/2,8 tipo
11258, per lo sbalzo della lente posteriore, va utilizzato con la Leicaflex SL2
e i corpi Leica R.
La qualità ottica è
superlativa: già ad f/2,8 la resa nelle zone centrali è molto nitida e
brillante, degradando poi progressivamente sul campo; chiudendo il diaframma
fino ad f/8 le zone mediane ed i bordi migliorano progressivamente fino ad
arrivare ad una buona omogeneità, mentre l’asse perde un po’ di contrasto per
diffrazione rimanendo comunque ottimo; la distorsione arriva al 3% a
barilotto, un valore ottimo per un retrofocus di questa copertura, e la
vignettatura già ad f/5,6 è trascurabile.
Per quantificare il
progresso conseguito, la resa complessiva ad f/2,8 del 19mm secondo tipo è
paragonabile a quella del primo tipo con un paio di stop di chiusura; il paragone può risultare ingeneroso ma
occorre considerare che tra i due progetti sono passati ben 15 anni: si tratta
di ottiche completamente diverse, anche se nominalmente simili.
Se il
primo Elmarit possedeva dei colori delicati in forte macrocontrasto, il nuovo
Elmarit garantisce una trasparenza e purezza dei colori ineguagliabile, con
stacco dei piani e effetto presenza come solo le ottiche Leica sanno
donare.
Su Nadir, una prova sul campo in Patagonia del Elmarit 19/2,8 IIa versione